I più grandi chef del mondo: David Higgs, chef contadino e cacciatore che cambia menu ogni giorno
Tuesday, 15th October 2013 

I più grandi chef del mondo: David Higgs, chef contadino e cacciatore che cambia menu ogni giorno

È il migliore in Sud Africa: “La freschezza è un’esigenza interiore. E in cucina siamo più neri che bianchi: noi siamo fusion da sempre”

Luca Bergamin - Johannesburg (Sud Africa) - lastampa.it

David Higgs è uno chef easy-rider, un avventuriero che sarebbe tanto piaciuto a Ernest Hemingway: l’avrebbe potuto inserire come personaggio di un suo romanzo. Quarantadue anni, cuoco del Saxon Boutique Hotel di Johannesburg, bello come il divo di un film hollywoodiano, parte con la sua moto per compiere safari solitari nel Kruger National Park e nel Deserto del Kalahari, pesca nelle rapide e nei fiumi più irosi, con la sua barca sfida le onde dell’Oceano Atlantico. Caccia le antilopi nella savana col suo fucile. Poi brandisce... la zappa e coltiva l’orto di casa, per la gioia degli avventori del suo ristorante conquistati dalla bontà e freschezza dei suoi piatti, considerati i più «freschi», come dice lui, di tutta l’Africa. Di lui si dice sia lo chef preferito di Nelson Mandela. Il leggendario Presidente del Sud Africa, fino a poco fa, quando la salute ancora glielo permetteva, si faceva accompagnare nel ristorante di Higgs, e sempre lo precettava per i pranzi ufficiali. «Gli piacciono le insalate e le zuppe di verdure rese saporite dalle spezie del Transkei, la sua regione di origine. Il suo sorriso alla fine del pasto vale più della pagella più entusiastica che un critico possa assegnarmi. Mi disse che aveva sempre sognato di avere un orto tutto per sé».
 
David Higgs, uno chef pescatore: possiamo definirla così?  

«Sono cresciuto in un villaggio di pescatori in Namibia, a poca distanza dalla Skeleton Coast, la splendida scogliera dove le dune di sabbia si spingono quasi dentro l’Oceano. Ogni giorno insieme a mio nonno e mio padre, che lavorava in un magazzino di prodotti ittici, uscivamo in barca al mattino presto per procacciarci il cibo da vendere e mangiare. E da chef presentare sempre piatti freschi per me è un must, un’esigenza interiore. Non posso imbrogliare me stesso, figurarsi i clienti».  
 
Lei è anche uno chef contadino, che coltiva ciò che poi porta in tavola.
 
«Il Sud Africa è, come l’Italia, una terra ricchissima di verdure, e a me piace “cucirle” insieme per farne una trama di colori e sapori che somigli a un vestito alla moda. Cambio quasi ogni giorno i piatti, la mia cucina è onesta proprio perché non altero i sapori delle verdure che utilizzo. Però ho una spezia segreta, una miscela molto profumata di curry e altre fragranze piccanti tipiche della regione del Western Cape sudafricana, il luogo in cui ho cucinato praticamente per tutta la vita. E il piatto nazionale, il vero orgoglio della cucina sudafricana è la carne di selvaggina».
 
David Higgs che caccia anche gli animali di cui poi cucinerà le carni.  

«Praticare la caccia può sembrare politicamente scorretto a voi europei, ma in Sudafrica è normale. Io uccido solo gli animali che servono per il ristorante, così ho un controllo totale sulla carne che porto in tavola. Vado a caccia di gazzelle e di gemsbok, l’antilope originaria del deserto del Kalahari. E poi sparo ai kudu. Comunque vorrei precisare che adoro gli animali: quando ho un po’ di tempo libero, compio viaggi solitari in sella alla moto, pianto la tenda nei parchi e col binocolo osservo la fauna della mia terra muoversi in silenzio intorno a me».
 
La carne sudafricana è considerata eccelsa. Ogni tribù ha un modo di prepararla. Lei come la cucina?  

«Noi abbiamo una vera cultura del barbecue: ogni fine settimana, in ogni villaggio del Sud Africa i fumi della carne alla brace si diffondono in ogni strada. Ogni famiglia ha un modo di cucinarla, aggiunge le spezie che appartengono alla propria tradizione. Io amo utilizzare bulbi di castagno d’acqua, tipici della mia regione, e i fiori bianchi delle ninfee di acqua che crescono in Sudafrica e presentano una struttura non dissimile dai carciofi selvatici. Li servo con la carne di agnello, ma ora sto cercando di farli sposare al polpo. Sarà uno dei piatti più innovativi del ristorante che stiamo per aprire».
 
C’è grande attesa per il 500, il nuovo ristorante del Saxon Boutique Hotel che avrà un orto sul tetto in cui potrete rifornirvi direttamente.
 
«È un’idea, un concept-restaurant innovativo per l’Africa. Tutto è pronto per l’apertura di questo design-restaurant che darà la possibilità ai clienti di mangiare ciò che si coltiva sul tetto del palazzo. In pratica, “modern contemporary cuisine” in un luogo bellissimo. È il massimo per uno chef e una nuova frontiera per il nostro continente».
 
Lei ha una scuola in cui insegna il mestiere ai giovani delle township. La cucina può essere un mezzo per favorire concretamente l’integrazione?  

«Si chiama The Higgs School of Good Cooking, per me è una grande conquista: metto al servizio di tutti le mie conoscenze e a mia volta imparo da chi viene a lezione. Da me lavorano ragazzi dei quartieri disagiati di Johannesburg, Città del Capo e dal resto del Sudafrica: sono bravissimi, sono cuochi eccellenti che stanno compiendo progressi enormi e hanno un entusiasmo contagioso. Posso dire con fierezza che la mia è una “black kitchen”, una cucina più nera che bianca. Sì, la gastronomia è un mezzo che accomuna le due anime del Sudafrica: noi siamo fusion da sempre».
 
Il giorno in cui uno chef di colore farà il proprio ingresso trionfante tra i primi dieci della «San Pellegrino World’s Best 50 Restaurants» non è dunque così lontano?
 
«Penso proprio di no. La cucina africana ha solo bisogno di strutture più all’avanguardia e di maggiore attenzione da parte dei critici. In quanto a creatività, freschezza e disponibilità dei prodotti e alla tradizione gastronomica, siamo secondi a pochi altri. Ovviamente dall’Italia abbiamo molto da imparare».
 
Lei cosa apprezza del cibo italiano?  

«Gli gnocchi al pomodoro e quelli col basilico sono i miei preferiti. Io amo il cibo semplice, quello che esalta la genuinità dei sapori».
 
Ci racconti del suo avventore più speciale, Nelson Mandela…  

«Fino a poco tempo fa veniva spesso a mangiare al Tuynhuis e al Vergelegen, i due ristoranti nei quali ho lavorato prima. Lui ha gusti molto semplici, non ama la cucina troppo elaborata. Ricordo i suoi sorrisi, la gentilezza, l’affabilità. Voleva sempre scambiare qualche parola con me. Cucinare per un mito è una sensazione molto strana, anche perché pensi sempre che uomini come lui siano fatti soltanto di spirito, non immagini che possano sedere a un tavolo, impugnare la forchetta e portarsi il cibo alla bocca».
 
Anche a Madiba piace la polenta?  

«Certo, la mieliepap è il nostro piatto nazionale, quello della pace e della fratellanza. È a base di mais come la polenta e si prepara praticamente allo stesso modo. Ciò che la rende speciale è che non importa l’etnia alla quale appartieni, la razza, noi tutti qui mangiamo mieliepap. E anche Mandela, ovviamente».

Foto: David Higgis, 42 anni, è lo chef del Saxon Boutique Hotel di Johannesburg. Il costo di un pranzo, vini esclusi, è intorno ai 160 euro, con portate principalmente di carne. Per ”Eatout Magazine” e ”Wine Spectator” è il miglior chef sudafricano. Nell’annuale classifica San Pellegrino dei migliori al mondo è 61°.

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