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Tuesday, 15th October 2013 

La Dante del Capo a rischio chiusura per un passivo annuo pari allo stipendio mensile di un parlamentare

... e il governo italiano ne è moralmente responsabile -
... e nella comunità non ci sono più i mecenati di una volta -

La prima visita al Sud Africa di un segretario generale della Società Culturale Italiana Dante Alighieri, fondata nel 1889 da un gruppo di intelletuali guidati da Giosuè Carducci per "tutelare e diffondere la lingua e la cultura italiana nel mondo", ha posto ancora una volta sotto i riflettori i problemi economici in cui si dibatte la Dante del Capo. Difficoltà che mettono a rischio la sopravvvenza stessa dell'ente e quanto meno causeranno a breve il trasloco in una sede meno costosa e la graduale chiusura dei "corsi integrati" di lingua italiana nelle scuole sudafricane.

Tutto questo per un passivo annuo di un paio di centinaia di migliaia di rand, che rappresentano più o meno la prebenda mensile di uno qualsiasi dei mille parlamentari che scaldano i sacri scanni della Camera e del Senato mentre criticano quotidianamente il lavoro di Mario Monti nel tentativo di sanare i danni da loro stessi causati in mezzo secolo di attività politica viziata da incompetenza, cupidigia e corruzione.

E non solo. Questa crisi, nel quadro della catastrofe economica ben più grande che si è abbattuta sulla nostra Italia, colpevole di aver tollerato per cinquant'anni gli abusi dei politici che con incredibile pertinacia ha continuato a mandare a Roma, questa crisi che minaccia la nostra come tante altre comunità italiane nel mondo, si concretizza proprio dopo che il bene prezioso della democrazia è stato gradualmente esteso e ampliato anche agli emigranti attraverso la creazione dei Comites, del Cgie e infine l'elezione all'estero di ben sedici parlamentari. Con il risultato che quelle poche disponibilità finanziarie da destinare all'estero, strappate alle grinfie rapaci di una classe politica che degli italiani e della cultura italiana nel mondo se ne infischiano altamente, sono state totalmente assorbite da questi tre livelli di democrazia da teatrino dei burattini: in stipendi e prebende parlamentari, in spese di viaggio per i consiglieri generali che due o tre volte all'anno si spostano in aereo da un angolo all'altro dell'universo e soggiornano in alberghi a cinque e più stelle, con l'unico risultato di produrre tonnellate di relazioni, mozioni, proposte, interpellanze che inevitabilmente lasciano il tempo che trovano. Non perché gli eletti nei vari organismi siano dei mascalzoni o degli incapaci, niente affatto, sono persone intelligenti e preparate, molte delle quali sacrificano ai compiti di rappresentanza tempo e denaro che potrebbero dedicare con maggior profitto alle proprie occupazioni private, ma che non possono in alcun modo produrre nulla di utile per i cittadini che rappresentano in quanto prigionieri di quello stesso sistema creato da cinquant'anni di politica volta al mantenimento di privilegi parlamentari che vanno bene al di là della capacità delle pur capaci casse dello Stato Italiano.

Ora si dirà: "Ma che c'entra tutto questo con i problemi della Dante Alighieri?". C'entra, eccome, perchè la Dante di Città del Capo è gravata di un passivo annuo di un paio di centinaia di migliaia di rand derivante da corsi di lingua italiana istituiti con un'apposita legge dello Stato Italiano che ha più di quarant'anni. Il governo e il parlamento sono pertanto moralmente responsabili di un costo che la Dante non può in alcun modo sopprimere in quanto con quei corsi integrativi la lingua italiana è diventata materia del curriculum scolastico degli studenti che l'hanno scelta e che devono quindi portarla agli esami di maturità. Motivo per cui la Dante non può fare la canagliata di dire: "Non abbiamo i soldi per pagare gli insegnanti. Da domani niente più italiano nelle scuole private e statali del Capo".

E se il Governo Italiano ha le sue responsabilità, non si può dire che la Comunità Italiana non ne abbia. Sono infatti lontani i tempi in cui imprenditori italiani che si chiamavano Nannucci e Rumi non esitavano a pagare di tasca propria le insegnanti per offrire ai connazionali meno abbienti la possibilità di conservare e tramandare ai figli l'eredità culturale e il sentimento nazionale che soltanto pochi anni prima aveva reso l'Italia libera e indipendente. Oggi la pattuglia di donne tenaci e coraggiose che vuole a tutti i costi salvare e far prosperare la Dante e con essa la Scuola Italiana è completamente abbandonata a sé stessa. Alle assemblee dell'associazione non partecipano più di una dozzina di persone e i soci che versano regolarmente le quote associative sono soltanto i ragazzi e gli adulti che frequentano i corsi o i loro genitori. E questi ultimi sono praticamente i soli a presenziare alle tante iniziative varate dal direttivo per raccogliere fondi... a meno che non si tratti di occasioni per conversare amabilmente fra una tartina e un sorso di vino offerti dagli organizzatori.

Quale, dunque, il futuro della Dante? Nonostante tutto, siamo ottimisti. Nonostante un governo e un parlamento che non hanno ancora capito che investire nella cultura all'estero significa creare e mantenere clienti e mercati per i prodotti che l'Italia ha disperatamente bisogno di esportare, nonostante l'aridità di una comunità che invecchia e che forse va gradualmente perdendo il senso della propria identità, nonostante la situazione economica, nonostante tutto, abbiamo fiducia perché la Dante del Capo ha la fortuna inestimabile di essere nella mani di donne altamente qualificate e per niente disposte a gettare la spugna. Nel settanta per cento dei casi sono laureate e disposte a lavorare duro pur di non venir meno all'impegno che si sono assunte. Forse la Dante dovrà traslocare, forse i corsi integrati dovranno gradualmente essere abbandonati, forse altri sacrifici saranno necessari, ma alla fine del tunnel ci ritroveremo con una Dante più snella e funzionale. Certo, ci vorrà del tempo... ma se fra noi ci fosse ancora qualche mecenate...

Ciro Migliore

La Società Dante Alighieri
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

La Società Dante Alighieri è un'istituzione culturale italiana che ha lo scopo di tutelare e diffondere la lingua e la cultura italiana nel mondo.

Fondata nel 1889 grazie ad un gruppo di intellettuali guidati da Giosuè Carducci, venne eretta la fondazione con Regio Decreto del 18 luglio 1893, n. 347; con d.l. n. 186 del 27 luglio 2004 è assimilata, per struttura e finalità, alle ONLUS. Il suo scopo primario, come recita l'articolo 1 dello Statuto sociale, è quello di "tutelare e diffondere la lingua e la cultura italiane nel mondo, ravvivando i legami spirituali dei connazionali all'estero con la madre patria e alimentando tra gli stranieri l'amore e il culto per la civiltà italiana". Per il conseguimento di queste finalità, la Dante Alighieri si affida ad oltre 500 Comitati, di cui più di 400 attivi all'estero.

I comitati realizzano corsi di lingua italiana e manifestazioni culturali di vario genere, dall'arte figurativa alla musica, dallo sport al cinema, dal teatro alla moda, fino alla letteratura. Per mezzo dei Comitati all'estero, inoltre, la "Dante Alighieri" istituisce scuole, biblioteche, diffonde libri e pubblicazioni, promuove conferenze, escursioni culturali e manifestazioni artistiche e musicali, assegna premi e borse di studio.

La sede centrale è a Roma, in Palazzo Firenze. La società è presieduta dall'ambasciatore Bruno Bottai. Il Consiglio è composto dai Vicepresidenti Marella Agnelli, Alberto Arbasino, Gianni Letta e Paolo Peluffo.

La Certificazione Società Dante Alighieri

Dal 1993, in base alla convenzione n. 1903 del 4 novembre con il Ministero degli Affari Esteri, la Società Dante Alighieri opera per la certificazione dell'italiano di qualità con un proprio certificato PLIDA; che significa: Progetto Lingua Italiana Dante Alighieri. La Certificazione PLIDA è riconosciuta dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (decreto 18/10/2002), e dal Ministero della Pubblica Istruzione, dell'Università e della Ricerca (convenzione 11/2/2004), e attesta la competenza in italiano come lingua straniera secondo una scala di sei livelli rappresentativi di altrettanti fasi del percorso di apprendimento della lingua che corrispondono a quelli stabiliti dal Consiglio d'Europa.

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